Con il pascolo vagante è stato amore a prima vista
Marzia Verona ha scoperto il pascolo vagante nel 2003 e non l’ha più lasciato. Noi l’abbiamo intervistata per conoscere i segreti di questa antica pratica che lei racconta da anni con i suoi libri, le sue foto e il suo blog “Storie di pascolo vagante”
- Oggi si parla molto di “ritorno alla terra” come soluzione per il futuro di tanti giovani, un mito che sembra trovare pochi riscontri con la realtà. Dalla tua esperienza cosa ci puoi dire rispetto a questo?
Anch’io credo che sia un mito. Ho conosciuto molti che hanno tentato il ritorno alla terra, scontrandosi con la realtà. Da una parte c’è la fatica e l’impegno, che non tutti riescono ad affrontare. Soprattutto però ci sono i vincoli e le spese che non esistevano quando i nostri nonni e bisnonni vivevano e lavoravano la terra. Sto scrivendo un nuovo libro dedicato all’allevamento della capra, un’attività che attrae molti di coloro che vogliono tornare alla terra e scegliere l’allevamento. Se non hai delle buone basi economiche alle spalle, non riesci a partire con un’attività strutturata, me lo ripetono tutti, sia quelli che faticosamente sono riusciti ad avviare un’azienda, sia quelli che alla fine hanno dovuto ammettere la sconfitta. Un ragazzo laureato, con ottime basi, ma anche esperienza e capacità, mi diceva che stava valutando l’opzione di emigrare in Australia, terra della sua fidanzata, perché in Italia non vedeva sbocchi.
- Come pensi si possano conciliare i ritmi accelerati del nostro tempo con quelli più lenti del pascolo vagante?
Sono due pianeti totalmente diversi, infatti quando devono incontrarsi, altre difficoltà si sommano a quelle quotidiane della vita del pastore. Il contrasto è molto evidente ogni volta che il gregge si trova accanto ad una strada trafficata, ad un grosso centro abitato. E’ uno spettacolo sempre più anacronistico. Non a caso, non appena sali con il gregge sulla strada, anche in campagna, arriva un automobilista che suona il clacson, ti insulta o chiama i carabinieri. Nessuno reagisce così quando c’è un semaforo per un cantiere o un passaggio a livello chiuso… Ma il gregge invece, con il suo passo lento, sconvolge l’uomo del XXI secolo.

Pascoli
- In passato hai scritto un romanzo, “Lungo il sentiero” (L’Artistica Editrice, 2013) e hai realizzato un volume fotografico, Pascolo Vagante 2004-2014 (L’Artistica Editrice, 2013). Dal tuo lavoro emerge una sensibilità artistica che va oltre lo sguardo della cronista e della ricercatrice. Come è cambiato, se è cambiato, il tuo approccio alla vita da quando ti sei messa sulle tracce dei pastori del nostro tempo?
E’ cambiato eccome! All’inizio il mio interesse per questa realtà era semplice curiosità. Poi pian piano questo mondo è diventato il mio ed ho anche faticato ad adattarmi a molte situazioni. Una delle cose più complesse era coniugare i miei impegni lavorativi (all’epoca collaboravo a diversi progetti di ricerca) con le tempistiche del pascolo vagante, mestiere in cui non puoi mai fissare delle date. Si sa il periodo della tosatura, della transumanza, ma il giorno esatto lo si decide all’ultimo. Così succedeva che, quando più era necessaria la mia presenza, io magari ero impegnata con un convegno o dovevo assentarmi per altri motivi. E’ cambiato il mio modo di vivere il territorio, anche il modo di vederlo. Ho scoperto spazi e luoghi che mai avrei pensato esistessero semplicemente camminando con il gregge. A pochi passi da dove sono transitata centinaia e centinaia di volte con l’auto, esistevano mondi che solo attraversandoli con le pecore ho potuto vedere. Ho anche imparato a vivere le stagioni. Sei tutti i giorni all’aperto dall’alba al tramonto (e spesso anche oltre), così avverti direttamente tutti i cambiamenti, vedi panorami, colori, sensazioni che sfuggono ai più. Forse questa è una sensibilità più mia che non di tanti pastori, comunque è ciò che ho sempre cercato di cogliere e trasmettere con le mie fotografie e i miei scritti.
- Tu sei piemontese e molte delle tue storie arrivano dalle Alpi e raccontano quelle montagne. Hai avuto modo di conoscere la realtà toscana, che vanta una lunga storia di transumanza legata agli Appennini?
Purtroppo no. In questi anni ci sono state occasioni per vedere altre realtà in tutto il nord Italia, fino al Friuli, oppure all’estero in Francia e in Svizzera, ma i contatti con il centro-sud si sono limitati a convegni, fiere, conferenze. Ero stata ad amatrice per la festa della transumanza qualche anno fa, quindi i recenti fatti del terremoto mi hanno toccato in modo particolare. Ho però dei contatti con allevatori un po’ in tutta Italia grazie a Facebook.

Pascoli
- Conosci il Pecorino Toscano DOP? E più in generale, il tuo interesse per la pastorizia è anche un interesse verso i prodotti che derivano da questa pratica?
Ho avuto modo di conoscerlo da vicino tramite manifestazioni che si tengono in Piemonte come Cheese e Salone del Gusto. Amo molto cucinare e apprezzo la buona cucina, ho molta cura nella scelta dei prodotti che impiego quando devo preparare un piatto. Se avessi continuato il cammino con il gregge, tra i miei obiettivi c’era quello di valorizzare la produzione, la carne in particolare, visto che le pecore condotte con pascolo vagante non vengono munte. Purtroppo il mio cammino si è interrotto e, da sola, non potevo continuare questo percorso. Ho però proseguito e proseguo tutt’ora l’opera di comunicazione, perché ritengo che ci sia ormai sempre più “ignoranza” (nel senso di non conoscenza, ma anche pregiudizi) nei confronti del mondo dell’allevamento in generale.
Scopri la prima parte della storia all’articolo: Marzia Verona, una passione per il pascolo vagante che le ha cambiato la vita
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